Qual è stata l’ispirazione dietro il tuo terzo libro, “Storie”? Cosa ti ha spinto a condividere i ricordi della tua vita passata?

L’ispirazione per il mio terzo libro è la stessa che è alla base degli altri, raccontare storie, sia di viaggi che di vita. Il mio è stato un processo lungo nel tempo ma figlio di questi anni difficili per tanti motivi. L’interruttore della memoria ogni tanto si accendeva su un episodio, su una persona e questo mi spingeva a raccontare quella storia nel tentativo nemmeno tanto occulto di dargli un senso. Un vissuto che ho condiviso nel tempo sui social ricevendo riscontri molto positivi dai numerosi amici che mi hanno più volte chiesto di trasformarli in un libro. Di fatto avevo già messo in rete i miei ricordi, ma in un ambito protetto, con il bisogno, in un momento particolare della mia vita, di lasciare traccia di un vissuto ricco di avvenimenti, di incontri, di contenuti, di storie, di emozioni. Di recente ho sentito forte il bisogno di lasciarmi dietro le paure, i timori e i blocchi mentali per dare un senso compiuto al mio vissuto strappandolo all’oblio della memoria e dandolo in dono anche a persone per me sconosciute, così è nata l’idea del libro.

C’è stato un particolare criterio di scelta nel selezionare le memorie?

Devo dirti che a parte alcune storie scritte di recente, che raccontano le case dove ho vissuto a Napoli, nel libro ci sono quasi tutti i racconti scritti fino ad ora. Non escludo naturalmente di continuare a raccontare altre storie anche senza la finalità di un nuovo libro. Nella scelta delle memorie l’unico criterio che adotto è l’emozione, se la memoria si imbatte in un episodio o in una persona del mio passato inizio a raccontare e vado fino in fondo solo se la penna viaggia velocemente. In quel caso a muoverla non è la mente ma il cuore.

La musica e il cinema sono una colonna portante nella tua vita. Credi che senza queste due passioni saresti comunque diventato una persona così profonda ed empatica?

Ti confesso che a volte mi chiedo se sono la musica e il cinema ad avere condizionato in positivo la mia vita o se sono io che in qualche modo ho condizionato loro. Scherzo naturalmente. Di sicuro mi hanno aiutato a crescere, ad essere quello che sono, mi hanno regalato profondità e poesia, insegnandomi la bellezza, assecondando la mia sensibilità e dando un senso alle mie fragilità. Siamo così in simbiosi che spesso mi capita, nella vita come nella scrittura, di usare parole, versi di canzoni e dialoghi cinematografici come se fossero parte intima del mio vissuto personale. Ti voglio raccontare una cosa che forse spiega meglio questa mia risposta. La mia generazione è stata quella che aspettava con ansia e curiosità l’uscita al cinema del nuovo film di Pasolini, di Stanley Kubrik, di Bertolucci, così come la pubblicazione dell’ultimo LP di Fabrizio De Andrè, di Francesco Guccini, dei Led Zeppelin, dei Pink Floyd, così come l’ultimo spettacolo al teatro di Giorgio Gaber o di Dario Fo. Noi eravamo quelli che erano felici di aspettare.

Leggendo il libro, mi ha attirato il capitolo “Storie di reduci e pregiudizi”. Quali sono i principali ostacoli con cui la società affronta la preclusione e come può contribuire a superarli?

Oggi siamo, ancor più di una volta, in una dimensione divisiva. Tutto è separazione, privilegiamo le differenze alle similitudini. Lo era anche tanto tempo fa, negli anni Settanta, ma in maniera diversa. Vedi io nel racconto che citi ho capito che in quegli anni in tanti ci siamo trovati su un fronte diverso ma con aspettative simili. Valori e ideali erano profondamente diversi ma il nemico era comune; il potere in tutte le sue forme. Se tanti figli di quella generazione sono, dopo un percorso di morte, fuori dal carcere c’è un motivo evidente. Non erano il male assoluto ma solamente dei giovani che avevano creduto di cambiare il mondo nel modo sbagliato. Mai come in questo momento sento il bisogno di umanità, di condivisione di ciò che ci unisce tralasciando ciò che invece ci divide. Per questo il pregiudizio, in qualsiasi forma, ci allontana, enfatizza le differenze, scava solchi profondi, impedendoci di entrare in connessione, di comunicare, di conoscersi, limitando i nostri punti di osservazione sul mondo e sulla realtà.

Nel libro la storia di Khaled Ibrahimi, l’attentatore di Fiumicino del 1985 in questo senso è emblematica. Quando, attraverso le parole di Emilio Radice, ho conosciuto la sua storia mi sono commosso perché ho capito che quello non era solo un terrorista ma era, prima di ogni cosa un uomo, fragile, sensibile che cercava una sua dimensione nel mondo così come facciamo tutti. Ogni uomo ha una storia alle spalle che vale la pena conoscere per andare oltre le apparenze.

Nei tuoi racconti si avverte molta umanità e uno sguardo verso tempi migliori. Cosa vorresti avere dai lettori? Cosa ti piacerebbe che traggano da questa esperienza di lettura?

La cosa in assoluto più bella che mi aspetto, e che in parte si sta verificando, è di accendere la memoria di tanti lettori. L’augurio forte è che Il mio libro possa diventare uno strumento di conoscenza di sé stessi, attraverso di me spero che molti possano ritrovare memoria del proprio vissuto. Mi riferisco in particolare a quelli della mia generazione. Per i giovani lettori invece spero tanto che il libro possa aiutare a comprendere meglio un periodo storico poco frequentato dai libri di storia se non per la cronaca nera e giudiziaria. L’altra aspettativa è di emozionare, toccare il cuore e far sorridere quando non ridere. Alcuni lettori mi hanno raccontato che leggendo il libro in più di un’occasione hanno pianto di commozione. Alle mie scuse hanno risposto che le lacrime fanno parte del bello della vita e che c’è sempre più bisogno di emozionarsi. Dai lettori poi mi piacerebbe avere un riscontro, un ritorno con le parole, con la scrittura. Sarebbe bello sapere come hanno vissuto il mio libro, cosa è rimasto in loro della lettura. In tanti comunque lo stanno facendo.

Se ti fosse data l’opportunità di apportare una modifica significativa ad una “storia” passata, cambieresti qualcosa? Che sia un rimpianto o una decisione.

No, la vita è come un fiume in piena, deve scorrere così come ha fatto. Possiamo anche provare a cambiare il percorso dell’acqua ma poi dobbiamo prendere atto che tutto scorre indipendentemente da noi. In tanti episodi del mio libro forse c’è un senso di nostalgia, vorrei però che questa venga letta non come rimpianto ma come poesia. La nostalgia come ricchezza non come tristezza.

Ecco tutto qui direbbe Enzo Jannacci.

Hai qualche consiglio per gli aspiranti scrittori che desiderano condividere il proprio vissuto personale attraverso la scrittura?

Non penso di essere all’altezza di dare consigli e meno che mai insegnamenti. Però mi sento di dire a chi ha il dono della scrittura di mettere al centro le emozioni più che la propria bravura, scrivere per sé con la consapevolezza che altri sono invitati a leggere e vivere quelle storie. Scrivere oggi delle esperienze passate con l’obiettivo di costruire il proprio futuro; raccontare chi siamo e quello che vorremmo essere, sapere dove eravamo tempo fa e capire dove siamo adesso.

Ti ringrazio per le domande, soprattutto per quelle che mi hanno messo in dolce difficoltà.


E’ possibile acquistare il libro, con un contributo minimo di solidarietà di 12 euro cad., nelle seguenti modalità:

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Intestati a: Associazione Umanitaria Semi di Pace ODV

Causale: Bambini Felici – Storie di Antonio Paone

(Nella causale è possibile specificare il numero delle copie richieste)

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Referenti: Ilaria o Diana

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Oppure l’autore Antonio Paone alla email: alicisca@virgilio.it


Con l’acquisto del libro si sosterrà il “Progetto Bambini Felici” che interessa i bambini dei territori italiani dove sono presenti i nostri volontari e quelli delle Comunità nel Mondo, in modo tale da garantire pasti completi, strumenti di base per un’istruzione adeguata, assistenza psicologica e cure mediche essenziali.

Grazie alla generosità di tante persone sono state già vendute 209 copie del libro delle 400 stampate.