Il 19 luglio ricorre il 32esimo anniversario della strage di via D’Amelio nella quale morirono Paolo Borsellino e cinque membri della sua scorta: Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli. Quella terribile esplosione che devastò il cuore di Palermo è ancora una ferita aperta.In quella esplosione si raggiunse il culmine dell’attacco di stampo terroristico-mafioso.Noi tutti continuiamo a sentirci responsabili della Memoria storica di quei tragici avvenimenti per conservare sempre vivo il ricordo di quei grandi uomini, ognuno impegnato in maniera diversa per la legalità, che si sono sacrificati per il bene del Paese per tramandarne i nobilissimi valori etico-civili. Quella maledetta domenica d’estate del 19 luglio un’autobomba esplose alle 16:58 davanti al numero civico 21 di via D’Amelio a Palermo. Il giudice Borsellino era stato al mare con la sua famiglia, e al ritorno dalla sua casa estiva era andato a trovare, come faceva spesso, sua madre.Era appena sceso dall’auto e, dopo aver acceso l’ennesima sigaretta, suonò il citofono. Proprio in quel momento novanta chilogrammi di tritolo, nascosti in una Fiat 126 rossa, causarono la morte del giudice e di cinque poliziotti; si salvò solo l’agente Antonio Vullo che si era allontanato per parcheggiare una delle auto della scorta.L’attentato che avvenne 57 giorni dopo la Strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, spinse il ministro della Giustizia Claudio Martelli a firmare d’urgenza l’applicazione del regime del carcere duro (art. 41 bis dell’Ordinamento penitenziario) nei confronti di circa 300 detenuti per reato di mafia, ‘ndrangheta e camorra, di cui dispose anche il trasferimento nei penitenziari dell’Asinara e di Pianosa.I familiari di Borsellino rifiutarono i funerali di Stato in aperta polemica con il mondo politico che non aveva difeso un fedele servitore dello Stato; solo il 24 luglio, in forma privata, alla presenza di 10.000 persone, furono celebrati i funerali del giudice nella chiesa di Santa Luisa di Marillac, dove Borsellino era solito recarsi nelle domeniche di festa.Per la strage di via D’Amelio l’iter giudiziario è stato lunghissimo e travagliato, scandito da confessioni, falsi pentiti, condanne poi annullate, misteri come quello dell’agenda rossa mai ritrovata, nella quale registrava tra l’altro i colloqui che teneva con i collaboratori di giustizia e i rappresentanti delle istituzioni.Molti di noi ricordano le parole di uno sfiduciato Antonio Caponnetto, il magistrato che creò e guidò il Pool antimafia “È finito tutto” pronunciate uscendo dall’obitorio dopo l’ultimo saluto al giudice.Non è finita così, non poteva finire così, perché il coraggio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ha consegnato a noi cittadini, desiderosi di giustizia e legalità, il testimone del cambiamento culturale nella lotta alla mafia e con esso l’inizio della “primavera delle coscienze” di cui Caponnetto diventò il primo rappresentante della società civile scegliendo le scuole per portare avanti le idee dei magistrati uccisi dalla mafia.Si è partiti dai giovani per sviluppare il senso della legalità e il valore dell’impegno per la giustizia, quello che aveva espresso Borsellino nel profetico discorso del 25 giugno 1992 nella Biblioteca di Palermo in ricordo dell’amico Giovanni:“Il primo problema da risolvere nella nostra bellissima e disgraziata terra è la necessità di un movimento culturale e morale che coinvolga tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e della complicità.”Il nostro Istituto Vincenzo Cardarelli assieme ad altre scuole della provincia e di tutta Italia ha costruito una rete impegnata da anni, con progetti didattici e iniziative scolastiche di respiro nazionale, nella protezione e valorizzazione dei valori di giustizia e legalità, nella tutela del patrimonio etico-civile che uomini giusti come Falcone e Borsellino ci hanno lasciato. Il loro impegno è di continuare a diffondere le Lectio magistralis di Paolo Borsellino, sostenitore convinto della gioventù che lotta per una società migliore e più giusta per tutti. “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente mafia svanirà come un incubo”.

Al Lido di Tarquinia si terrà la commemorazione dell’anniversario della strage di via D’Amelio venerdì 19 luglio alle ore 18.30, assieme alla presentazione del libro “Gli Invisibili di San Zeno” di Alessandro Maurizi, presso il Piad’HeArt Café in Viale dei Tritoni 82. Con l’autore converserà Pierangelo Conti. Durante la presentazione avremo modo di ascoltare anche la testimonianza di Giovanni Impastato, fratello di Peppino, già presente in un recente passato nella nostra cittadella, in visita al Parco della pace e alcune letture a cura di Roberto Antenore.L’iniziativa è stata promossa, oltre che dalla nostra associazione aderente alla rete di Libera, dal Ministero della cultura Coordinamento civico contro le mafie nell’Alto Lazio, dalla Società Benefit HeArtyWhere Benevolent Art che la ospita, dal Comitato Soci Coop Etruria di Unicoop Tirreno, dalla Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato e dalla Società Tarquiniense d’Arte e Storia.L’invito è di partecipare numerosi per ricordare un grande uomo e un grande magistrato con la consapevolezza che l’impegno verso una società più giusta e solidale appartiene a tutte le donne e gli uomini di buona volontà.

Antonio Paone

Referente di Libera per Semi di pace

La stele commemorativa presso la Cittadella di Semi di Pace