Il sogno era trasformare la sala conferenze di Semi di pace in una sala cinematografica. Dopo molti tentativi e con il concorso di idee di tanti volontari dell’ANPI, del Tarquinia film office e di Semi di pace il sogno si è materializzato. E così la rassegna “Incontri sulla resistenza …. dalla letteratura al cinema” si è realizzata secondo il programma rielaborato dopo la precedente esperienza presso il Cinema Etrusco interrotta dalla pandemia nel 2020.

Era iniziata il 3 febbraio 2020, alla presenza di Lello Dell’Ariccia scampato alla deportazione degli ebrei a Roma, con la visione del meraviglioso film di Roberto Rossellini “Roma città aperta” del 1946 e proseguita con la visione di “Paradise” diretto da Andrej Končalovskij.

La rassegna cinematografica, nata da una iniziativa della sezione Anpi di Tarquinia in collaborazione con Semi di pace e con il Tarquinia Film Office che ha curato la selezione delle pellicole, grazie alla competenza di Gérôme Bourdezeau, coadiuvato da Antonio Paone, ha rappresentato l’occasione per vedere un’Italia diversa da quella della storia ufficiale, un paese che il cinema italiano ci ha raccontato meglio di qualunque altra forma d’arte perché ha avuto, e a volte continua ad avere, una capacità di identificazione con la propria gente che ha pochi eguali nella storia del cinema mondiale. Le storie narrate dai film, a volte drammatiche, altre romantiche, dolorose, emozionanti, affascinanti, commuoventi, piacevoli, aiutano a mantenere viva la memoria collettiva di un periodo fondamentale per la nostra democrazia. Mai come in questo momento c’è bisogno della memoria, troppi venti di odio, antisemitismo, razzismo, nazifascismo e negazionismo, che è l’ultima follia, si addensano sui nostri orizzonti.

Il ciclo si è svolto presentando film e documentari, intrecciando il cinema con la letteratura come i libri di Beppe Fenoglio e di Renata Viganò, raccontando storie di resistenza e drammi personali, del ruolo delle donne e del potere del cinema come arte e documentazione storica. Un racconto per immagini in parte fantastico, in parte documentaristico.

La rassegna a Semi di pace è iniziata il 14 marzo con “L’Agnese va a morire” del 1976, uno dei film più intensi e commuoventi di Giuliano Montaldo, con un cast eccezionale e le musiche del maestro Morricone. Il film squarciò un orizzonte vuoto, quello degli anni cinquanta e sessanta, durante i quali sulla resistenza calò un silenzio assordante.

È proseguita il 21 marzo con “Una questione privata” del 2017, una delle opere più difficili e intriganti dei Fratelli Taviani che è valso loro un nastro d’argento speciale nel 2018 e il 28 marzo con “Il partigiano Johnny” del 2000, diretto da Guido Chiesa, che per la prima volta racconta la Resistenza al cinema come esperienza umana globale, con eroi ed antieroi, luci ed ombre. Entrambe le pellicole erano tratte da libri di Beppe Fenoglio.

L’11 aprile è stato proiettato “Bianco e nero”, lo straordinario documento storico di Paolo Pietrangeli del 1975 che narra l’Italia dopo la resistenza fino alla strage del treno Italicus. Si tratta di un’opera cinematografica di altissimo valore documentaristico recuperata presso l’archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico di Roma.

La rassegna si è conclusa mercoledì 26 aprile con la proiezione de “La seconda patria” che ci è stata presentata dallo stesso regista Paolo Quaregna che prima della proiezione ha voluto visitare i memoriali della Shoah e del migrante accompagnato dal Presidente Luca Bondi. Un momento intenso e intimo di commozione nel ricordo delle vittime della violenza nazifascista e del dramma dei popoli costretti a migrare. Come gli italiani negli anni Cinquanta raccontati nel bellissimo documentario di Quaregna. Una riflessione sulla tematica dell’immigrazione, dell’integrazione, del meticciamento e della contaminazione: una realtà che ci riguarda e non ha senso continuare a rifiutare o ignorare.

Gli emigrati italiani, sono quelli che dal Nord al Sud della penisola navigarono fino al Canada per approdare in Québec. Il documentario è ricco di persone e di storie che a volte fanno sorridere, a volte commuovono. Un lavoro in cui il comune denominatore è l’umanità che pervade tutto il racconto a più voci. Nel finale sono racchiusi, nelle parole di alcuni dei protagonisti, alcuni dei temi più importanti dei nostri giorni. Come la migrazione che ha visto gli italiani espatriare a milioni, prima degli altri, a volte accolti da cartelli in cui era scritto “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani” (nel film se ne vede uno dell’epoca) e come la contaminazione e il meticciamento che trova il suo unicum nel rapporto con gli Innu, la minoranza autoctona del Québec, trattati come stranieri nelle loro terre.

I migranti del documentario hanno due patrie, l’Italia che è come una madre che non ha sofferto molto per il loro allontanamento e il Canada che li ha accolti come una seconda patria effettiva, da cui il titolo.

Dopo la proiezione il regista Paolo Quaregna ha voluto un incontro con gli spettatori per condividere idee e pensieri sul tema delle migrazioni di ieri e di oggi partendo dai migranti raccontati nel suo documentario. Oggi come ieri la storia si ripete e la soluzione più efficace per l’uomo, è la stessa: immigrare in un paese più ricco o sviluppato, o che comunque presenti un maggior numero di possibilità di lavoro, vita o semplici condizioni di libertà.

Oggi come ieri altri, più poveri, hanno bisogno di migrare in territori più ricchi per trovare condizioni di benessere e per dare un futuro ai propri figli.

Con la consapevolezza che la storia a volte si capovolge; ieri eravamo migranti in cerca di futuro e di nuove radici oggi possiamo essere rifugio e avvenire per altri. Migranti di ieri e di oggi.